Se pensiamo al luogo principe della cucina romana non può che venirci subito in mente il quartiere di Trastevere, vera icona di romanità. Peccato che la proposta gastronomica non sia sempre andata di pari passo con le aspettative su questa parte di capitale.
Ma poi qualcosa è cambiato: la prima a portare qui l’alta cucina è stata Cristina Bowerman con la sua Glass Hostaria, l’ultimo è Antonio Ziantoni che ha aperto il suo Zia Restaurant nel maggio 2018 e che da allora si è subito affermato tra le più interessanti mete gastronomiche della capitale.
Non fatevi però ingannare da un nome che evoca una cucina casalinga e legata alle tradizioni; quel nome racchiude tutte le esperienze del ragazzo partito da Vicovaro. Gordon Ramsay a Londra, Georges Blanc in Francia, Anthony Genovese a Roma non possono che essere le più significative. E di ciascuna di esse si possono trovare indizi nella cucina di Antonio, che dopo 4 anni al Pagliaccio, nel 2018, ha deciso di mettersi in proprio insieme a Ida Proietti, la sua compagna.
Dove Trastevere inizia ad arrampicarsi sul Gianicolo, Antonio e Ida (che si occupa della sala) hanno trovato, dopo un paio di tentativi a vuoto, il locale perfetto per loro. Nelle mani di Anton Cristell l’ex Bacocco si è trasformato in un locale moderno, intimo, dal carattere quasi nordico. Eleganti tavoli di legno riempiono le due sale; se possibile fatevi sistemare al piano inferiore, più raccolto e tranquillo. Fonte di luce principale le lampade sospese sui tavoli, a indirizzare l’attenzione verso il centro dell’esperienza.
Pochi ma Buoni
Possiamo definire quella di Antonio Ziantoni una cucina di sottrazione e di sintesi. Di sottrazione perché ogni piatto è composto da due, massimo tre, ingredienti lavorati per scoprirne essenza e ogni sfumatura di gusto. La sintesi invece è quella tra le tecniche della cucina francese e i sapori di un territorio che spazia dalla costa laziale fino alle montagne abruzzesi vicino alle quali Antonio è nato.
Gli ingredienti provengono per lo più da piccoli contadini sparsi per l’Italia e dai banchetti del mercato, soprattutto quello di piazza San Cosimato. Non mancano anche ingredienti più esotici, presenti in carta solo perché disponibile al banco di fianco a carciofi e puntarelle.
4-4-4, che non una variazione del modulo di Canà, è invece il numero di antipasti, primi e secondi. Tutti i piatti possono far parte del percorso degustazione (da 6 o 8 portate); sicuramente una sfida per Antonio (che non può contare su un percorso fisso) ma anche la dimostrazione delle grandissime capacità del personale di sala. Ida e gli altri ragazzi hanno pochi momenti per intuire le preferenze degli ospiti e costruire, insieme alla cucina, un percorso su misura per loro. Con noi sono stati incredibili: tolte dalle opzioni due piatti con ingredienti a noi poco graditi, prendendo spunto dalle nostre domande e curiosità ci hanno proposto un percorso di cinque piatti assolutamente perfetto.
I Piatti di Antonio Ziantoni
L’apertura è già da applausi; tra i benvenuti della cucina spicca l'”Idea di Mozzarella“, una sfera ripiena di latte di capra che sprigiona tutto il suo gusto esplodendo in bocca. Seguono una fetta di guanciale marinato per due settimane e poi affumicato, accompagnato da un aspic di peperone.
I due antipasti si distinguono per intensità e note vegetali: Tartare di Pecora in Insalata e Capitone in Gratella, Cipolla e Dragoncello. Pecora e Capitone non sono sicuramente ingredienti facili da gestire ma preparazione e abbinamenti con frutta (fragoline di bosco) e verdura riescono a equilibrarne la parte grassa e a dare grande armonia all’intero piatto.
Vere protagoniste tra i primi sono le paste ripiene; e un percorso degustazione dedicato esclusivamente a loro sarebbe davvero la fine del mondo. Oltre ad un intrigante omaggio marchesiano, a rubare la scena sono i Tortellini di Lepre con Marcetto e Pistacchi. Bontà assoluta, tanto che non ci saremmo limitati a un bis. Il marcetto è un particolare formaggio abruzzese di notevole intensità aromatica che si accompagna molto bene col ripieno della pasta.
A seguire un piatto che è già diventato culto tra le vie di Trastevere: il Piccione in Civet. Questo piatto rappresenta un po’ la summa del percorso che Antonio Ziantoni ha deciso di intraprendere ormai 4 anni fa. Un ingrediente, italianissimo, lavorato il necessario ad esprimerne la pura essenza e poi il tocco francese: il fondo dal gusto intenso e complesso. Del piccione, cotto prima in pentola e poi in forno, vengono serviti il petto e il filetto; a questi si accompagnano un sfera di fois gras e la salsa civet, ottenuta con le carcasse e una piccola quantità del sangue del volatile. Come già detto, pura essenza.
Quello dei dolci è il regno di Christian Marasca, un altro Pagliaccio boy. Le proposte sono molto “classiche” ma golose al punto giusto. Il babà, banco di prova delle abilità di un pasticcere, è la degna conclusione di un percorso tutto in crescendo.
Il Pagliaccio si conferma ancora di più una vera e propria fucina di talenti pronti a spiccare il volo. Antonio Ziantoni si mette in proprio con ben chiaro in mente quale sia la strada da seguire e le esperienze passate, riconoscibili nei dettagli, non scadono mai nella banale imitazione. Conquistare il cuore “mangereccio” dei romani non sembra essere la più facile tra le imprese ma Antonio ci è riuscito nell’arco di pochissimo tempo e la stella non è altro che il punto di partenza di un cammino che si preannuncia esaltante.