Sembra quasi un paradosso, o forse è molto milanese, che all’ombra dei grattacieli di vetro della Nuova Milano resista uno dei baluardi della cucina tradizionale meneghina, il Ratanà di Cesare Battisti.
La palazzina liberty del 900 al cui interno si respirano i profumi della tradizione e i giganti di vetro e acciaio simbolo di una città sempre ai mille all’ora. Ecco, questa è Milano; sempre più proiettata al futuro ma senza dimenticare il proprio passato. E la stessa “filosofia” Cesare Battisti e i suoi ragazzi la applicano alla propria cucina: la tradizione milanese è la base su cui costruire un gusto più contemporaneo attualizzandone le ricette.
Parola d’Ordine Qualità
Non può non saltarvi agli occhi, appena aperto il menù, la piccola mappa dell’Italia con l’elenco dei produttori. Ognuno di essi è stato scelto personalmente da Battisti e i suoi collaboratori in anni e anni di appassionata ricerca. Si tratta perlopiù di artigiani, piccoli agricoltori e allevatori, pescatori dei laghi lombardi. Una fitta rete di relazioni coltivata personalmente dallo chef e che è diventata il vero punto di forza del Ratanà.
Da pochi mesi si è aggiunto anche un fornitore “di casa”: si tratta dell’omonimo pastificio aperto in via Pastrengo e che per il ristorante prepara ogni tipo di pasta liscia e ripiena.
Come si Mangia da Ratanà
La risposta ve la anticipo subito: molto bene; anzi, vi riporto quanto scritto su Instagram appena terminata la cena:
Sapevo che avrei mangiato bene, ma non pensavo che avrei mangiato così bene
Non c’era neanche un piatto (mio o dei miei compagni di cena) su cui si potesse dire “eh ma…” oppure “forse mancava questo o quell’altro”.
Il menù cambia mensilmente con il susseguirsi delle stagioni; per ogni voce quattro o cinque proposte. Piatti apparentemente semplici e con pochi ingredienti ma studiati apposta perché ognuno di essi sia sempre ben riconoscibile. Non mancano tante proposte vegetariane con verdure provenienti dall’orto del ristorante. Ci sono poi gli Evergreen, quelli che dalla carta non spariscono mai; e come potrebbero d’altronde? Anche perché stiamo parlando del Risotto alla Vecchia Milano (servito con midollo e sugo d’arrosto, brasato di fassona piemontese o ossobuco) o della Cassoeula, insomma dei grandi classici.
Da non perdere ci sono sicuramente i mondeghili, le tipiche polpette ottenute con gli avanzi della carne del brodo il cui sapore intenso è smorzato da piacevoli note vegetali e speziate. Non abbiate paura di esplorare il mondo vegetale (la Crema di cannellini, farro risottato, verdurine invernali e olio alle erbe è da bis immediato) o quello dei pesci di acqua dolce, abbastanza difficili da trovare in qualsiasi carta milanese. A questo universo appartiene quello che per me è stato il piatto migliore della serata (risotto a parte, che ritengo fuori concorso): i Tagliolini con burro di lavarello, lime e caviale di lavarello; se siete tra quelli per cui pesce e limone non vanno d’accordo, beh provate questo piatto e ci ripenserete.
El Pret del Ratanà
ok, ma questo nome così particolare? Presto detto; Battisti si è ispirato alla figura di Don Giuseppe Gervasini, el pret de Ratanà. Don Giuseppe fu un prete-guaritore che visse a Milano a cavallo del Novecento spostandosi tra Baggio, Trenno e la provincia. Visse proprio nel quartiere di Isola, figlio di una coppia di osti che gestiva una locanda in via Borsieri. Figura controversa e difficile da decifrare, rimane nella memoria di migliaia di milanesi (tanto che la sua tomba al Monumentale è visitata da centinaia di persone) come un religioso dal carattere un po’ scontroso ma di animo versato al prossimo, che aiutava e curava con erbe coltivate in giardino.