A chiudere l’ottava edizione di Identità di Pasta è Davide Scabin, proprietario del Combal.zero a Rivoli. Tra i più innovativi chef italiani e nominato dalla rivista Food&Wine tra i 10 chef “life changing”, nel senso di cambiare la prospettiva che uno ha sul cibo.
Scabin è forse il principale paladino della pasta ai giorni nostri, complice un lavoro di ricerca e innovazione su questo ingrediente compiuto negli ultimi anni; come dice lui
“se nel 2009 se mi fossi presentato a San Sebastian con della pasta avrei fatto la figura dell’emigrante con la valigia di cartone legata col cordino. E invece ora…”
E invece ora, insieme al risotto, la pasta ha connotazione esclusivamente italiana.
Nella sua ultima apparizione a Identità nel 2007, in piena rivoluzione molecolare, ha illustrato la sua idea di futuro della cucina con il piatto Check Salad e anche quest’anno ci presenta la sua vision di ciò che sarà la cucina nei prossimi anni analizzandone le idee e i concetti prima che le ricette.
Tre in Uno
Ispirandosi alla mixologia dei cocktail da bar decide di prendere tre piatti della tradizione (una carbonara, una cacio e pepe e una genovese d’agnello) e crearne uno nuovo, “quel piatto adesso è mio” dice. Piatto ancora senza nome: Tre in Uno? Roma-Napoli (per rimanere in tema di cocktail)? Ca-Ca-Ge? Ca-Ge-Ca?
Ibridazione, da usare con attenzione avverte:
“in questo caso ci troviamo in un territorio molto piccolo, pensate cosa succederebbe a mischiare senza criterio”.
Ibridazione che non danneggia la tradizione e non fa infuriare le nonne italiane: le ricette sono quelle classiche così come tramandate; a parte per il garofano al posto del pepe e per la cottura dell’uovo: un’ora e dieci minuti a 62°C.
La vision di Scabin non è soltanto all’interno di un piatto ma nell’intera filosofia del ristorante (declassato dalla Guida Michelin del 2016 da 2 a una sola stella Michelin) dove ha eliminato tre componenti utili a definirsi “contemporanei”: niente germogli (“Mi sono degermoglizzato”), niente fiori (“Li uso solo per un dolce perché mi serve tannicità. Forse per la prima volta il fiore serve per il sapore e non per l’estetica”) e un solo piatto per tutto il menù degustazione di 13, tredici, portate.
Il Futuro bussa alla Porta
Finito il momento di marketing, il futuro bussa alla porta della sala e lo fa nelle sembianze di cinque boccette (anche alquanto inquietanti devo dire) con cui condisce i rigatoni. Il progetto si chiama Note by Note e nasce dalle ricerche sul gusto e sui sapori di Hervé This, fisico e gastronomo. In principio furono Ferran Adrià ed Heston Blumenthal, oggi Andrea Camastra (chef del Senses a Varsavia) e Davide Scabin. Tutto parte dalla lignina, una macromolecola da cui poter ricavare la quasi totalità delle micro-molecole responsabili del gusto degli alimenti che verranno poi clonate e utilizzate nei piatti.
“Vi assicuro che fra tre anni ogni chef farà i suoi gusti personali; lo scrivo qua e ci vediamo fra tre anni”.
Dice sorridendo. Ci saremo. E voi?